Sono nato a Scutari negli anni ’50 del ‘900 e ho studiato nella mia città per diventare insegnante.

Gjovalin Çuni

Quando ho cominciato a lavorare sono stato inviato nelle scuole di montagna intorno a Scutari, nel comune di Pukë, dove ho prestato servizio per molti anni. A quei tempi la comunità cattolica del nord dell’Albania, soprattutto quella con una preparazione culturale, era vista con sospetto dalla Repubblica Popolare Socialista. Mio zio, fratello di mio padre, era un sacerdote cattolico e l’hanno fucilato insieme a tanti altri testimoni della nostra religione. La mia famiglia lungo i 35 anni di governo comunista è sempre rimasta una “sorvegliata speciale”.

Gjovalin Çuni

Negli anni ’90, quando si è disgregata la Repubblica Popolare Socialista d'Albania, ho potuto tornare a lavorare nella mia città, Scutari, dove ho svolto il ruolo di bibliotecario fino alla pensione. Oggi seguo le mie figlie, una lavora in Italia, l’altra è tornata da qualche anno in Albania, qui a Scutari. E sono felice, perché sono loro, i nostri figli, quelli che tornano con le esperienze maturate all’estero, il futuro di questo Paese.

Gjovalin Çuni

Oggi in Albania c’è una prospettiva nuova, migliore. Alcuni dei nostri figli che si sono formati all’estero cominciano a tornare, e questo è un segnale di speranza. Abbiamo speso tutti i soldi che avevamo per dare loro una prospettive, li abbiamo mandati all’estero. E sono contento che oggi mia figlia Tea sia tornata in Albania. Come sono contento che l’altra mia figlia continui a vivere in Italia, perché la dimora è una scelta personale, e in qualche modo anche lei contribuisce a cambiare la mentalità del nostro Paese.

Gjovalin Çuni

Il nostro Paese avrà un futuro solo se riusciremo a cambiare la mentalità degli albanesi. Penso che le persone che cominciano a tornare in Albania contribuiscano a cambiare la mentalità comune, in tutti i campi, da quello culturale a quello agrario a quello imprenditoriale. E oggi i ritornanti sono sempre di più.

Gjovalin Çuni

La cooperazione con le ong straniere è un altro veicolo importante di cambiamento. Stiamo cercando ad esempio di ricostruire un’idea di collaborazione tra i contadini, perché i singoli lavoratori in agricoltura oggi non hanno futuro, ma se si uniscono in consorzi o cooperative riusciranno nuovamente a vivere del loro lavoro. Oggi in Albania dobbiamo lavorare sulla qualità, promuovendo iniziative di certificazione dei prodotti. Queste sono le sfide che stiamo affrontando nelle nostre campagne con la cooperazione italiana.

In Albania oggi esiste ancora forte l’idea dei soldi facili, il mito della ricchezza, del lusso. Il consumismo che ci ha travolto dopo la fine della Repubblica Socialista non è una cosa che passerà tanto in fretta.

Molti aspirano ancora all’auto grossa ai vestiti firmati, e allora dobbiamo cambiare la mentalità della gente, a partire da questi giovani, dobbiamo accompagnare il cambiamento poco alla volta. Io penso che tutto questo sia possibile, forse sono influenzato dai miei sentimenti personali, ma non posso pensare che questo Paese non abbia una prospettiva. Dobbiamo sperare e adoperarci per il futuro, soprattutto per i nostri figli, per tutti i giovani d’Albania.