Mio papà era un diplomatico, e siamo state tra le poche famiglie albanesi ad avere la possibilità di fare un’esperienza all’estero in quegli anni in quelle condizioni avvantaggiate. Tornati in Albania, nel 1996 ci siamo trasferiti a Tirana. Nel 2001 ho lasciato il mio Paese per venire a studiare a Torino, mi sono sposata, ho avuto due figli e sono rimasta a vivere in Italia.
Nel 1995 quando con la mia famiglia siamo tornati a Scutari da Parigi abbiamo trovato una situazione molto cambiata. Mio padre lavorava a Tirana e noi vivevamo a Scutari, dopo qualche mese ci siamo trasferiti anche noi a Tirana. Era l’inizio del 1997 e la situazione nella capitale era migliore, polizia ed esercito riuscivano ancora a controllare le strade. Pochi mesi dopo il nostro arrivo però, nella primavera dello stesso anno, anche Tirana è caduta nell’anarchia, come il resto del paese: ricordo le tracce dei carri armati sui marciapiedi nella primavera del ‘97.
Nel 2001 sono partita da Tirana per andare a studiare in Italia, a Torino, e dopo alcuni anni mi sono laureata presso la Facoltà di Psicologia dell’Università. Appena laureata, ero molto interessata ad approfondire gli studi di dottorato e prima mi sono iscritta ad un master di specializzazione. A conclusione del dottorato, mi sono sposata con un torinese, ho avuto due figli, e sono rimasta in Italia e ho continuato a studiare per la specializzazione in Psicoterapia, cosa che non avrei potuto fare in Albania.
Se voglio tornare in Albania? Ogni tanto qualcuno me lo chiede, ed io rispondo che per ora non ci penso. Per ora torno nei periodi di vacanza e sono contenta di rivedere il resto della famiglia e far conoscere alle mie figlie il mio paese di origine. Inoltre in Albania oggi è ancora difficile riuscire a vivere e lavorare con la famiglia, si guadagna poco e c’è molta corruzione che non gli permette di crescere.
Della mia città, Scutari, mi mancano i bambini che giocano per strada, mi mancano le feste con la comunità del quartiere, mi manca la famiglia allargata e le nostre feste tipiche, alle quali partecipiamo sempre tutti, mi manca l’accoglienza albanese. Da noi quando arriva un ospite si dice: “la casa è di Dio e dell’ospite”. E sogno che un giorno anche Torino si apra a una sincera accoglienza come quella albanese. Nel mio futuro sogno di vedere un’Italia più aperta verso l’altro.