Quando il mio Paese ha aperto le frontiere verso l’estero avevo solo otto anni, sono sempre stato curioso di conoscere, imparare, incontrare persone, e appena ho potuto sono andato all’estero. Ho studiato al liceo artistico a Tirana e una volta diplomato sono partito per l’Italia, dove e vissuto per 17 anni, prima a Macerata dove ho studiato presso l’Accademia Belle Arti e poi a Torino.
Oggi sono tornato a vivere nel mio Paese, in Albania dove ho co-fondato la Contemporary Art Platform Harabel, un centro archivistico dell’arte contemporanea albanese dal 1991 ad oggi. Vado tutti i mesi a Milano, dove sono rappresentato nella Prometeo Gallery di Ida Pisani, e viaggio per il mondo. Quest’anno passato ho rappresentato con un’istallazione personale il mio Paese alla 58esima Biennale d’Arte di Venezia.
Quando ho lasciato il mio Paese per andare in Italia avevo 18 anni, erano i primi anni del nuovo Millennio e c’era un boom di partenze di studenti albanesi.
Nel 2001 era facile, bastava avere un diploma e compilare un formulario. Con alcuni amici del Liceo artistico siamo andati dal Console e gli abbiamo detto che volevamo andare all’Accademia Belle Arti di Macerata, nelle Marche. Lui ci rispose: “Ma cosa andate a fare a Macerata? Andate a Bologna che vi divertite di più”. Ma noi volevamo formarci, per noi l’Italia è il paese di Michelangelo, di Dante. Per sei anni ho studiato scultura con una borsa di studio della Regione Marche e poi mi sono trasferito a Torino, che nel 2008 era la capitale dell’arte contemporanea in Italia. Avevo 24 anni e a Torino ho iniziato il mio percorso professionale di artista.
Oggi in Albania dal punto di vista artistico c’è un’incredibile energia, un enorme potenziale che dopo anni di isolamento si sta finalmente esprimendo. Il merito è anche della mia generazione, quella della caduta del muro e dell’incertezza, che ha creduto nel cambiamento del 1991 ed è rimasta delusa nel 1997. Quando siamo andati in Italia siamo riusciti a vedere l’Albania con più distacco, abbiamo capito che il processo di trasformazione sarebbe stato più lungo. Abbiamo portato il cambiamento. Quello che manca oggi è un’attenzione maggiore a livello nazionale nei confronti del mondo artistico, e questo in termini pratici si traduce nell’impossibilità di creare un meccanismo virtuoso che possa permettere agli artisti di sopravvivere del loro lavoro.
È per questo che abbiamo creato la Art Platform Harabel qui a Tirana, nel Blloku, il quartiere più vivo e frequentato dell'intera Tirana, per sensibilizzare l’opinione pubblica.
Da quando ho finito gli studi e mi sono messo a lavorare nell’ambito dell’arte contemporanea, sono sempre riuscito a muovermi tra Italia e Albania, tra Tirana e Milano, e questa mobilità per me è stata una fortuna: è come stare su un ponte e poter vedere il fiume che scorre sotto, ora da una parta ora dall’altra, con velocità, ritmi e stimoli diversi.
L’esperienza artistica che ho potuto realizzare e continuo a maturare in Italia è fondamentale per me e per il mio paese.
In Albania fino al 1991 l’arte contemporanea non esisteva, era censurata, ci si poteva solo cimentare nel social realismo di scuola sovietica, e quelli che tentavano di spostare i limiti venivano imprigionati o mandati in esilio. Oggi fortunatamente è diverso, ci manca una storia recente ma c’è fermento: racconto spesso ai colleghi di tutto il mondo che nella mia attività artistica è come se mi recassi in Italia a prendere le dispense e le portassi in Albania. Ma poi queste dispense si traducono in realizzazioni di alto livello, grazie agli stimoli albanesi, perché vivere diverse realtà per gli artisti è fondamentale: si può essere provinciali anche vivendo a New York se non si è mai vissuta la campagna.
Bisogna sempre muoversi, conoscere, visitare altre realtà. Non c’è famiglia albanese che non abbia qualcuno che ha provato ad andare all’estero, e questo è un arricchimento per l’Albania, è una sfida per il paese che accoglie e per chi parte. Le ondate migratorie funzionano come i fiumi, portano con sé un’energia incredibile e possono essere una risorsa e uno stimolo in tutti i settori, arte compresa.
Oggi c’è una discussione in atto sull’opportunità o meno di fa entrare l’Albania in Europa, con alcuni paesi che frenano e altri che rilasciano delle aperture a seconda delle convenienze. È frustrante per noi, non credo che dobbiamo fare i “bravi bambini” fino a che non ci accetteranno, e una stupidaggine, facendo così hanno già perso la Bosnia e perderanno il Kosovo. Intanto i Paesi arabi stanno investendo tantissimo e fanno proseliti. In realtà l’Albania è già in Europa, e lo dice la storia oltre che la geografia.
Io ho tantissimi sogni per il futuro, decine, tutti i giorni: in passato ho sempre sognato di poter rappresentare il mio Paese con la mia arte a Venezia, e finalmente nel 2019 è successo: la mia installazione ha rappresentato l’Albania in una vetrina mondiale importantissima alla Biennale, della quale sono davvero orgoglioso.